Come sempre, è più facile incontrarlo alla scrivania dell'ufficio che nella quiete della sua grande casa nel centro di Torino. Invariabilmente, mattina e pomeriggio quando non lo assillano particolari impegni fuori sede, la norma quotidiana del lavoro lo ha accompagnato attraverso oltre mezzo secolo in qui guardando verso il futuro con ottimismo, ha impedito al tempo di lasciare sul suo spirito altra evidenza di una semplice annotazione anagrafica. La verità è che Romolo Tosetto è un esemplare raro, un uomo di qualità sul piano umano e personale, dalle convinzioni forti e precise, duro e rigoroso innanzitutto con se stesso, unico ed irripetibile per la passione civile e la molteplicità degli interessi. Fra i quali lo ha più profondamente coinvolto la fiducia che il lionismo ripone nelle qualità dell'uomo, tanto che la sua appartenenza al Lions International costituisce un dato rilevante non soltanto nella sua storia personale, ma un punto di riferimento per i Lions italiani. È infatti il solo testimone attivo fra i Governatori che servirono l'Associazione nel primo decennio del suo progresso in Italia, l'unico che ha personalmente conosciuto tutti quelli che in essa hanno contato e contano, conosciuto da tutti non per le cariche ricoperte, ma per la reputazione e il contributo al Lionismo di cui ha vissuto come pochi storia e vicende e che, esplorandone riti e costumi, non ha mai lasciato che mancasse il suo apporto efficace e convinto a custodia dei principi che l'animano e delle norme che ne assicurano l'attuazione. Particolarmente apprezzata dai singoli e preziosa per i risultati la sua disponibilità e la capacità di rapportarsi con gli altri, tanto che pur evitando di mettersi in mostra anche quando sarebbe stato opportuno farlo, ha raggiunto un'autorevolezza con pochi confronti che non ha avuto bisogno di privilegi perché si è nutrita del suo valore. Capisce gli uomini come pochi, sa comprendere le ragioni e le apprezza ma, consapevole dei rischi dell'eccessiva indulgenza per le trasgressioni, ha sempre perseguito il rispetto delle regole anche di fronte a quelle apparentemente insignificanti. La fermezza su questo principio gli ha perfino guadagnato l'appellativo di "Dottor sottile" da parte del maggior storico del lionismo, Giuseppe Taranto, che nel 1960 al Congresso di Ischia era stato colpito dalla sua tenacia, fino a raggiungere il consenso dell'Assemblea, sulla necessità di dissipare il dubbio, sia pure nella sola intitolazione dello Statuto, che al nascente Multidistretto fossero attribuite funzioni oltre quelle di un semplice coordinamento. Tuttavia l'autore della "Storia del lionismo italiano" gli ha riconosciuto il merito di aver per primo avvertito la necessità di una svolta culturale e sociale nel servizio dei Lions. Tosetto l'aveva proposta nel 1958 al Congresso di Montecatini, ma aveva avuto maggior fortuna con l'atto di nascita di quello che venne poi definito il "Nuovo corso del Lionismo" al Congresso di Stresa nel 1969. Fu allora che Tosetto presentò la mozione che indicava ai Club la strada per compiere una miriade di attività di concreta utilità per la comunità. Era intitolata "I Lions nella società italiana d'oggi: spirito ed azione" e nella su sinteticità raccomandava l'orientamento operativo che da anni era riuscito a far prevalere nel Club di appartenenza e che aveva poi trasmetto al Club Torino Castello, di cui è stato fondatore e Lion Guida nel 1968. Il paziente lavoro di chi ordinò e diede alle stampe, anno dopo anno, gli Atti dei Congressi, consente di conoscere la genesi dei successi e degli errori nelle vicende lionistiche, ma anche la parte che in essi ebbero i singoli e, ad esempio quante volte Tosetto fosse riuscito, come è capitato e continua ad avvenire, a risolvere problemi delicati grazie all'abilità nel mediare non disgiunta da una smagliante dialettica. Un effetto, si aggiunga, tanto più rilevante perchè fra i piemontesi non sono comuni particolari doti oratorie, né risulta che Asti, dove Tosetto è nato il 2 maggio 1913, sia patria di particolari affabulatori di cui si sia conservata memoria. E neppure sembra che al Liceo di quella città, frequentato con buon profitto, avesse dimostrato particolare predilezione per l'arte della recitazione tale da colpire l'immaginazione dei compagni di classe almeno quanto il puntiglio o la sorprendente preferenza espressa, di fronte ad alternative di minor impegno, per lo studio della lingua tedesca o per la facilità con la quale ne era diventato padrone, tanto da farne una preziosa risorsa per la vita e la professione che lo attendevano. Conseguita a soli 23 anni la laurea in Giurisprudenza all'Università di Torino con un invidiabile 110 lode e facoltà di stampa, e compiuti con successo gli studi in Scienze Politiche, dopo aver superato gli esami di procuratore per l'accesso all'avvocatura, aveva subito iniziato il periodo di esperienza pratica presso lo studio del sen. Cattaneo e dell'avv. Weigmann. Con subalpino senso del dovere gli era tuttavia parso doveroso adempiere al più presto al servizio di leva e lo aveva appena terminato nel gennaio 1940 quando fu raggiunto dal richiamo alle armi, che fu per tanti prologo del' entrata in guerra dell'Italia. Come nuova destinazione gli toccò un reparto servizi della Quarta Armata nella Francia occupata, ma la fortuna che lo aveva assistito in quell'occasione, dopo il rientro in Patria, lo abbandonò. Aveva infatti ottenuto l'ammissione alla scuola allievi, i corsi vennero interrotti prima che gli allievi sostenessero gli esami finali. Era 1'8 settembre 1943. Tutti a casa? Non fu così per molti e nemmeno per il Sergente Maggiore Tosetto che, chiusa la scuola, fu coinvolto con altri allievi ufficiali nei primi scontri con i tedeschi a Cerveteri, dove armi in pugno, si aprirono la strada fra le tombe etrusche. La resa dei conti era soltanto rinviata: mentre tentava di raggiungere in treno Asti, alla stazione di Forte dei Marmi era stato bloccato dalle SS e, insieme ad altri, era stato fatto proseguire, debitamente scortato, per un campo di concentramento in Baviera dal quale sarebbe riuscito a fuggire nei giorni della disfatta dei tedeschi. Quella fuga, al volante di un camioncino a carbonella in qui ebbe come compagno un ingegnere francese, invece di concludersi alla meta prefissata, Parigi, fu interrotta al confine con la Francia da una pattuglia americana. E quindi gli si aprirono le porte di un campo per la raccolta e il rimpatrio dei profughi di ogni nazionalità, rastrellati sul territorio. Per mantenere l'ordine fra le baracche di quella babele, il comando formato da ufficiali russi e americani, paradossalmente, usava il tedesco, la sola lingua compresa da tutti. E pur avendo iniziato la guerra fredda fra loro, apparivano concordi sull'indispensabilità di quel giovane avvocato in divisa di sergente italiano che parlava correntemente tre lingue oltre il tedesco, ma che sopratutto suggeriva al momento opportuno una soluzione accettabile. Ma ignoravano che c'era qualche cosa di più. Colpito dal dramma di tanti profughi dei Paesi dell'Est, Lituani, Estoni, Lettoni, Slovacchi ma anche Ungheresi ed Ucraini che i Sovietici, forti degli accordi di Yalta intendevano internare nei loro campi di ''rieducazione democratica", Tosetto si prodigava per salvarli con risultati tali da correre il rischio, a sua volta, di un rimpatrio ritardato per l'insistente invito degli americani a continuare il suo "mestiere" con loro a Vienna.
Alla fine però Tosetto era riuscito a vincere una battaglia anche per se stesso e nel settembre del 1945, smessa finalmente la divisa, sulla soglia del ritrovato studio torinese al quale avrebbe associato poi il proprio nome, lasciava il ricordo degli anni difficili con un solo desiderio: dimenticare. Come tanti altri reduci dell'ultima guerra, Tosetto ha mantenuto il suo proposito, con una sola eccezione. La sera del 12 novembre 1997, di fronte al Consiglio dei Governatori schierato insieme alle maggiori cariche lionistiche nazionali, il Presidente Internazionale Augustin Soliva gli aveva consegnato le insegne del più alto riconoscimento lionistico internazionale: "Good Will Ambassador". Oltre alla commozione per un onore riservato ai pochissimi che nelle loro funzioni hanno raggiunto l'eccellenza nell'operare per l'associazione, ad alcuni non era sfuggito un movimento del premiato che sembrava avesse istintivamente accennato alla posizione di "attenti". In realtà, avrebbe poi ammesso Tosetto, quel gesto gli era stato provocato dalla straordinaria coincidenza fra le parole del Presidente e quelle di un'anziana profuga russa che, nel lontano 1945, lo aveva ringraziato per averla salvata dalla "rieducazione", rivolgendosi a lui come il suo "ambasciatore di buona volontà". L'episodio sarebbe adatto per la sua suggestività a concludere una biografia senza aggiungere altro. Ma in questo caso la rinuncia equivarrebbe a ignorare alcuni fatti significativi nell'esemplare cammino di assunzione di responsabilità fino ai giorni nostri, di un uomo che, accettando di far parte di quello che sarebbe stato il terzo Lions Club nato in Italia, aveva ben chiari significato ed estensione delle condizioni che gli poneva un illustre Amico. Quell'uomo era Tosetto e quell' Amico era Roberto Biscaretti di Ruffia che del Club Torino fu il Presidente Fondatore. Ma il documento costitutivo del Club manca della firma del primo.
Ancor oggi il rammarico di Tosetto per l'indifferibile impegno che gli aveva impedito la sera del 19 Ottobre 1952 di partecipare alla riunione per l'omologazione del Club, non è del tutto sfumato proprio perché è sempre riuscito a tener fede a quelle promesse. A provare quanto il vincolo si sia rinsaldato attraverso il tempo, basterebbe citare alcune realizzazioni di Tosetto le quattro volte in cui fu chiamato a presiedere il Club, a cominciare dalle prime due, nel 1957-58 e nel 1958-59, in cui spiccano i provvedimenti per sprovincializzare gli orizzonti del Club attraverso alcuni gemellaggi che comportavano comuni attività di servizio. Ebbero immediato successo quelli con il secondo Club d'Europa, Ginevra, e con il primo della Costa Azzurra, Nizza. Poi toccò a Sidney. L'ultima delle cerimonie pubbliche di gemellaggio celebrate a Palazzo Madama di Torino, ci propone l'immagine di un Club cosciente delle proprie funzioni in una città motore dell'Italia in impetuoso sviluppo e di un Sindaco che, con un impulso trasmesso via radio, comandava l'accensione delle luci di una metropoli australe nello stesso istante in cui veniva scoperto, in quel parco, un busto di Marconi donato ai Lions australiani da quelli di Torino per ricordare il grande inventore. Ma la leadership di Tosetto in quegli anni fu avvertita anche in campo nazionale in varie occasioni fra le quali una resta come pietra miliare nella storia del Lionismo. Dopo un anno di attività per contrastare le spinte autoritarie che nel Consiglio dei Governatori miravano a condizionare la divisione del Distretto Unico ad una centralizzazione burocratica, Tosetto aveva accompagnato gli ormai numerosi delegati del Club torinese ad un voto che si rivelò decisivo per la creazione di cinque Distretti autonomi che entrarono subito in funzione adottando come iniziali le lettere che formano la parola "ITALY".
Il Distretto contrassegnato con la lettera "I", che comprendeva i 28 Club del Piemonte, della Lombardia e della Liguria, l'anno seguente al Congresso di Ischia elesse Tosetto alla carica di Governatore. Nonostante il ridotto numero di Club era un incarico pesante per l'incompleta rete autostradale e le trasferte per le visite, se si pensa alle distanze fra Sanremo e Sondrio o fra Savona e Como, richiedevano un grande sacrificio di tempo, che tuttavia non impedì a Tosetto di aggiungere i viaggi per la Charter o l'omologazione di otto nuovi Club. Le maglie della rete dei Club Lions erano cosi ampie che suggerirono a Tosseto un'iniziativa per facilitare i rapporti tra Club e fra soci di diversi Club: fu la "Coppa dell'Amicizia" che durante più di vent'anni ha compiuto la sua funzione. E, più avanti, il "Lion d'Oro" che ancor oggi a Torino e in altre città italiane stimola la riconoscenza nei confronti di coloro che operano a favore della comunità senza il fine di trarne benefici personali. Il primo aureo simbolo fu consegnato a Giuseppe Ratti per la realizzazione dell'imponente mostra floreale nell'ambito delle celebrazione per il Centenario dell'Unità. Ad aprire le manifestazioni erano stati gli striscioni appesi nelle vie centrali della città che annunciavano il convengo "I ciechi nel mondo del lavoro". Per una settimana in vari punti aperti al pubblico erano stati organizzati degli "stages" con la dimostrazione delle possibilità di lavoro per i non vedenti che avrebbero potuto risolvere un problema fino ad allora trascurato. Terminato l'incarico di Governatore e nominato "Consigliere Internazionale", Tosetto che aveva attivamente partecipato all'organizzazione del convegno pronunciò il discorso di apertura nell'aula di Palazzo Madama, presenti i rappresentanti del Governo e le autorità cittadine, auspicando l'intervento della mano pubblica dopo lo sforzo compiuto dai Lions in linea con le direttive internazionali dell'Associazione.
Lo stesso fine, l'apertura nei confronti dell'opinione pubblica e delle autorità amministrative, ebbero due altre iniziative che furono promosse da Tosetto quando fu nuovamente richiamato alla presidenza del Club nel 1981-82 e nel 1992-93. La prima, per richiamare l'attenzione su popolazioni africane, fu una Mostra dedicata ai preziosi manufatti d'argento della civiltà beduina. La seconda, in occasione del quarantennale del Club, fu il restauro conservativo di un monumento cittadino di grande significato storico lasciato in deplorevole abbandono. Era una stele innalzata in un centralissimo corso in memoria dei caduti nei moti del'll marzo 1821 che portarono, 27 anni più tardi, alla promulgazione dello Statuto Albertino. L'opera, resa possibile attraverso il sacrificio finanziario dei soci e le sponsorizzazioni, fu completata in tre anni. Le notazioni di cronaca legate ad un Club non sono sufficienti a spiegare la popolarità e il diffuso consenso che accompagnano Tosetto, che infatti sono conseguenze di impegni condotti a termine, anno dopo anno, non soltanto in ambito distrettuale ma anche e sopratutto nazionale. Più volte responsabile e membro attivo della Commissione Affari Interni, è stato quasi costantemente membro del Comitato d'Onore Nazionale e di quello Distrettuale, spesso anche come Presidente. Ed a tutto ciò occorre aggiungere le numerose occasioni in cui è stato eletto a rappresentare i Club o il Distretto in seno a comitati multidistrettuali cui erano state affidate dai Congressi delicate questioni organizzative o statutarie. C'è tuttavia un momento particolare, che non è previsto da statuti o regolamenti ma che i Lions del suo Distretto gli riservano, e si riservano, per uno straordinario confronto annuale. Poco prima della chiusura del Congresso, Tosetto viene chiamato al microfono per il suo saluto e per esprimere una valutazione sulle attività dell'anno appena trascorso e di chi ne è stato responsabile. In un profondo silenzio le sue parole prendono progressivamente la forma di un verdetto tutt'altro che acritico, e le sue parole di insegnamento sono tali che pochi sarebbero disposti ad ascoltarle senza diritto di replica se non fossero pronunciate da chi è il destinatario di un'autorità spontaneamente concessa, accompagnata da una serenità di giudizio che ha superato prove non dimenticate nella storia del lionismo italiano. Come quella che risale al 1971 quando, al Congresso nazionale di Firenze, i delegati del Club erano stati chiamati, per la terza volta dopo aver eletto Ugo Sola di Roma e Giovanni Gardini di Bologna, ad esprime la loro preferenza per un candidato a Direttore Internazionale. L'Assemblea aveva la possibilità di scegliere tra quattro candidati, ma aveva puntato sui due maggiormente conosciuti: Romolo Tosetto e Giuseppe Grimaldi che si spartirono 433 voti. La vittoria per soli cinque voti arrise a Grimaldi. Fra i 565 votanti ve ne sono ancora molti che possono testimoniare che cosa accadde allora e che ora apparirebbe straordinario. Il caloroso ringraziamento di Grimaldi, le parole di stima e di augurio di Tosetto, e sopratutto il suo annuncio a sorpresa: quello di non aver intenzione di ripresentare in futuro la propria candidatura per quella carica. Ma più che quella promessa, i Lions hanno potuto in seguito notare la discrezione di Tosetto per evitare che quella giornata potesse diventare tema di conversazione fino a riuscire che fosse dimenticata. Questo è appunto il motivo che ci spinge a ricordare quell'episodio, tanto più che quella giornata si era conclusa con l'abbraccio, saliti sul palco con le consorti, fra i protagonisti. C'è chi ricorda che Maria Teresa Tosetto, normalmente molto riservata, non riusciva a nascondere il sollievo d'essersi liberata da una preoccupazione, quella dei possibili nuovi impegni del marito che avrebbero ulteriormente sottratto alla famiglia e ai figli lo scarso tempo libero che gli lasciava la professione.
B.L.